Nel novembre del 1978 il mondo politico dell'Alto Adige fu squassato da un vero e proprio terremoto. Si combatteva, in quei giorni, la battaglia elettorale in vista delle regionali. Era il primo vero e proprio collaudo della nuova autonomia, varata, è vero, all'inizio degli anni 70 ma entrata realmente in funzione con l'approvazione di alcune norme di attuazione fondamentali come quelle sulla "proporz" e sul bilinguismo solo dopo la metà del decennio. Un appuntamento importante, al quale non si presentarono solamente i tradizionali raggruppamenti politici, la DC con i suoi alleati di centro-sinistra, la Südtiroler Volkspartei , i comunisti, critici su molti aspetti sociali ma sostanzialmente favorevoli al nuovo assetto e l'opposizione di destra capeggiata dall'MSI. Sulla scena fece la sua comparsa una forza del tutto originale e assolutamente innovativa, sia per la sua origine politica sia per la critica serrata e totale che rivolgeva agli istituti della nuova autonomia. Si era battezzata "Nuova Sinistra - Neue Linke" e raccoglieva, sotto la guida del giovane leader Alexander Langer, un vasto schieramento di persone provenienti da ambienti diversi ma accomunate dalla critica ad un modello autonomistico giudicato perdente perché basato sulla divisione e sulla contrapposizione tra i gruppi linguistici. Nella vicina provincia di Trento la Nuova Sinistra mirava tra l'altro a raccogliere l'eredità della contestazione studentesca e sociale nata nel decennio precedente.
La mossa politica di Langer e dei suoi ebbe, va detto, un effetto totalmente spiazzante soprattutto nei confronti di quella vasta area autonomista di lingua tedesca e di lingua italiana che, solo pochi anni prima, aveva portato a conclusione il difficile cammino per raggiungere il secondo Statuto. L'opposizione radicale e intransigente della destra italiana, così come quella di una parte del mondo sudtirolese venivano messe in conto come una sorta di pedaggio inevitabile. Molto difficile invece accettare una critica che arrivava dal lato opposto della barricata, da ambienti, si pensi a quello cattolico del dissenso, che erano stati in prima linea nel chiedere il superamento delle dure contrapposizioni degli anni 60.
A rendere ancor più esplosivo l' ingresso sulla scena della nuova formazione politica fu però, in quei giorni di campagna elettorale, un altro elemento. Alexander Langer a Bolzano, Sandro Canestrini e Sandro Boato a Trento si presentarono sostenuti da un gruppo di alleati di enorme spessore politico: i Radicali italiani guidati da Marco Pannella, affiancato da quello stato maggiore che si era misurato vittoriosamente, appena qualche anno prima, nella battaglia per il divorzio e che di lì a poco avrebbe affrontato, con eguale successo, quella sull'aborto.
Fu una campagna elettorale memorabile. L'arrivo improvviso dei Radicali può essere paragonato, come effetti, all'ingresso in campo di alcuni campioni di livello internazionale in una partita del campionato di promozione. L'ideologo Langer e i suoi amici trentini e altoatesini confezionavano le munizioni, ma a sparare erano soprattutto i cannoni dialettici manovrati da Pannella, Emma Bonino, Gianfranco Spadaccia.
La reazione dei poteri locali fu di totale sbalordimento e di altrettanto totale chiusura. Erano critiche, quelle avanzate alla nuova autonomia, che facevano male soprattutto in campo italiano, dove già si misurava la reazione negativa alle nuove realtà autonomiste e al passaggio del potere in capo al gruppo sudtirolese, che avrebbe portato, di lì a qualche anno, all'esplosione dei consensi per la destra missina. La presenza di questo gruppo di guastatori urtava non poco, tuttavia, anche il mondo sudtirolese, se non altro per la presenza di quel reprobo vipitenese che incarnava una nuova figura di oppositore sino ad allora mai sperimentata.
Attorno alla Neue Linke e ai radicali fu fatta terra bruciata. Loro reagirono all'ostracismo di quasi tutti i mezzi di comunicazione aggirando l'ostacolo. Dopo aver cercato un accordo con un'emittente di sinistra milanese, affittarono per un mese le frequenze di una radio privata bolzanina e da lì iniziarono a bombardare gli elettori con i loro messaggi. Non rimasero tuttavia solo dietro i microfoni. Giravano come trottole, per tutta la regione, improvvisando comizi, interrompendo con contraddittorio quelli altrui, sgomitando con la furia dialettica che li sosteneva, per far arrivare il loro messaggio.
Dopo quella campagna elettorale nulla sarebbe mai più stato come prima. Ricordo, come se fosse oggi, la seduta inaugurale del nuovo consiglio provinciale altoatesino. Alexander Langer, eletto con quasi diecimila voti, iniziò a parlare, alternando di proposito l'uso della lingua tedesca con quella italiana. Dai banchi della giunta Silvius Magnago lo guardava attonito e imbufalito. Se uno sguardo potesse uccidere, Langer non sarebbe arrivato alla fine della seduta. Sono ricordi che tornano alla mente quando oggi si tenta di annacquare, in nome di una presunta affinità autonomistica, la storia di ruvide contrapposizioni che ha segnato il cammino della storia altoatesina nel Novecento. Ma questa, se vogliamo, è un'altra storia. Oggi l'immagine che ritorna è quella di un Marco Pannella scatenato sulle strade e nelle piazze del Trentino Alto Adige per consentire ad un'altra visione dell'autonomia il diritto di essere considerata.
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