Nessuno lo ammetterebbe, ma più della metà lo ha pensato: Emmanuel Chidi Nnamdi era un nigeriano. E i nigeriani, sotto sotto, vengono considerate persone violente. Sarebbe stato un pochettino diverso se il malcapitato fosse stato uno del Senegal, del Camerun o del Bangladesh. Il nigeriano insiste quando chiede l'elemosina, la pretende. È più facile svignarsela senza forti sensi di colpa. Evitare un nigeriano è come evitare le nostre lacune, gli angoli delle nostre case che puliamo a malapena, incerti nella esigenza del lindore. Anche tra di noi distinguiamo chi dei nostri amici ridotti alla fame merita la nostra piena solidarietà. Attira simpatia il meno ostinato, il più solare, il più remissivo. Come in una famiglia, i figli più buoni, più facili da gestire...
Diamo per scontato che ci sono delle popolazioni che vogliono farci ricordare la loro non colpevolezza di essere ridotti ad affamati e disonorati, indotti a chiederci un paio di spiccioli e un pezzo di pane per sopravvivere alla giornata.
Diamo per scontato che costretti a sopravvivere in una giungla umana, esausti di trascinare con sé umiliazioni, sorrisi finti, sguardi avvilenti, possono ribellarsi, perché covano dentro l'odio, la rabbia, la violenza e la disperazione millenaria. Non vogliono essere definiti disgraziati, non vogliono chiedere carità, timorosi e impauriti. In fondo rivendicano il pezzo di pane e la vita migliore che appartengono loro.
Nonostante le nostre credenze la Nigeria è un paese in guerra, con oltre 200 etnie, tra cui le tre più forti, i cosiddetti Big Three, si ammazzano tra loro per l'allocazione delle risorse e la suddivisione dei poteri a livello politico-militare tra il Settentrione e il Meridione dal 1960. Solo dal 1997 e la fine del 2015 ci sono state 50.157 morti violente. Senza calcolare i danni devastanti causati da parte delle compagnie e le Joint Venture petrolifere che operano nel paese e che sono responsabili (con la copertura del governo corrotto nigeriano) dei gravi e ripetuti abusi perpetrati nel Delta del Niger. Fuoriuscite di petrolio dagli oleodotti hanno contaminato falde acquifere, corsi d'acqua, foreste, campi coltivati dai quali le comunità locali traggono il proprio sostentamento.
Da gennaio a novembre 2015 (fonte-Unhcr ed Eurostat), nonostante la Nigeria sia lo stato più popoloso dell'Africa e settimo paese del mondo per popolazione, con oltre 182 milioni di abitanti, in Italia sono arrivate 22.237 persone, tra cui solo 17.895 hanno fatto richiesta d'asilo e poche di loro riusciranno ad ottenerla. Malgrado la maggioranza di loro che attraversa il Mediterraneo si trovi nella condizione di chi fugge dal pericolo di morte o quantomeno dalle violenze e quindi nelle condizioni previste dall'articolo 1 della Convenzione del 1951, meno del 5% ottiene lo status di rifugiato e circa il 25 % protezione nelle varie forme previste dagli ordinamenti nazionali.
Indipendentemente da come si è svolta la tragica storia mercoledì scorso a Fermo, sono certa che in quegli attimi funesti uno ha odiato a morte l'altro, il suo fratello meno fortunato, solo perché nero e perché africano. Credo fermamente che Emmanuel Chidi Nnamdi dopo aver sopportato la morte della figlia e di tutta la famiglia da parte di Boko Haram, dopo aver percorso viaggi terrificanti e inimmaginabili per sostare in un terreno pacifico, in Italia abbia iniziato ad essere un nigeriano felice, un nigeriano che un caldo mercoledì qualsiasi stava passeggiando con la sua donna amata. Credo fermamente che lui non voleva né colpire né essere colpito. Che nella sua follia di felicità presente e nera voleva vivere e sperare in un sogno comune, che nella sua credenza fragile, innocua e momentanea, non aveva calcolato la realtà insipida di un suo simile bianco, di una specie di uomo grasso e corpulento che scimmiottava suppongo se stesso ed altri come lui, nella penombra sempre in crescita dello squallore razzista e fascista.
Ken Saro-WiWa era un grande scrittore e poeta nigeriano, attivista schierato contro le attività' della Shell in Nigeria, e per questo condannato a morte da un tribunale militare. Venne ucciso il 10 novembre 1995. In una delle sue meravigliose poesie (La vera prigione) scrive:
La vera prigione è la decrepitezza morale.
L'inettitudine mentale che concede alla dittatura una falsa legittimazione
Non osiamo eliminare la nostra urina
E' questo! E' questo! E' questo!
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
in una cupa prigione.
Emmanuel Chidi Nnamdi il 10 luglio è partito per un altro viaggio infinito verso la morte. Chi sa se qualcuno si ricorderà di poggiare sopra gli occhi del defunto due monete, due spiccioli per pagare Caronte, la tassa per il passaggio sul fiume Acheronte...
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