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"I miei 50 anni di teatro"

Domani la presentazione della biografia di Marco Bernardi, anima dello Stabile per 35 anni. L'annuncio a sorpresa: "Torno a fare il regista, la "prima" sarà nel 2025"
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Jacopo Schiesaro16.06.2023

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Kommentare

Bild des Benutzers Luca Marcon
Luca Marcon 16.06.2023, 23:56

C'è un episodio molto significativo nella carriera di Marco Bernardi quale direttore del teatro stabile di Bolzano, E' contenuto in un libro da me recensito su queste pagine il cui autore è Federico Steinhaus e il titolo recita: «Una giornata della memoria, 364 giornate dell'indifferenza». Il pezzo di interesse è a pag. 71 e 72 del libro.
«...il direttore del Teatro Stabile di Bolzano, Marco Bernardi, scrisse al professor Berto Perotti, che a Düsseldorf era stato testimone della caccia agli ebrei nella Notte dei Cristalli ed aveva scritto un dramma su questo tema, che non avrebbe potuto mettere in scena la sua opera perché ciò facendo avrebbe messo a repentaglio la sopravvivenza stessa del Teatro Stabile, che economicamente dipendeva anche dal benvolere della Volkspartei. Bernardi, con quella lettera, scoperchiò gli abusi dell'immenso potere censorio di cui disponeva un partito dominante ed a quel tempo privo di scupoli».
Copia della lettera, datata 27 /9/1982 è riportata anche nel libro. E anche di questa giova citare un pezzo di altrettanto interesse:
«Ambienti vicini al gruppo suddetto [sudtirolese, NdA], in un momento politico caratterizzato purtroppo da un crescente disagio nei rapporti tra italiani e tedeschi, hanno manifestato il desiderio di evitare qualsivoglia motivo di tensione tra i due gruppi etnici. Ne va quindi della sopravvivenza stessa del Teatro Stabile di Bolzano!»
Che il fatto di mettere in scena un pezzo teatrale relativo alla Notte dei Cristalli fosse molto poco gradito dall'elité del gruppo etnolinguistico sudtirolese si spiega con il suo antisemitismo ma soprattutto con la sua nazificazione evidentemente ancora forte e penetrante nonostante si fosse già agli inizi degli anni ottanta. Non si riesce però a capire il perché del fatto che questa messa in scena dello spettacolo suddetto potesse costituire motivo di tensione tra i due gruppi etnici. A questa domanda l'unica risposta possibile potrebbe essere quella dell'autore della lettera; ovvero, il Marco Bernardi di cui domani sarà presentato il libro oggetto di di questo articolo.
(la recensione del libro del quale sono stati riportati gli estratti si trova qui: https://www.salto.bz/it/article/13042023/lantisemitismo-e-il-nazismo-sud...)

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Luca Marcon 17.06.2023, 09:27

Oggi sul quotidiano Alto Adige un'intervista a Marco Bernardi. Di seguito un estratto:
«Questa è una realtà particolare: o la detesti o ti innamori. E io mi sono innamorato - spiega il nostro ospite -. Di questa città e della comunità italiana che popola questa provincia, una comunità in via di estinzione. In fondo io sono un sentimentale e non potevo rimanere indifferente di fronte a tale fragilità. Ho avuto la possibilità di andarmene, ma alla fine sono rimasto.»
Le ragioni di questo dato di fatto - «una comunità in via di estinzione» - possono essere dedotte con gli stessi presupposti e gli stessi strumenti che nel 1982 hanno portato l'allora direttore del teatro stabile a rifiutare una rappresentazione teatrale che verteva su uno dei prodromi della Shoah perché ne sarebbe andata (si cita testuale) «della sopravvivenza stessa del Teatro Stabile di Bolzano!»
In questo articolo Marco Bernardi parla di portare a Bolzano uno spettacolo che debutterà nel 2025. Quale migliore occasione invece di proporre a Bolzano quello stesso spettacolo che più di quarant'anni prima non riuscì a mettere in scena per i motivi che abbiamo letto nel mio commento precedente? O crede ancora che nonostante ormai il gruppo etnolinguistico italiano sia, come da lui stesso dichiarato, «in via di estinzione», la comunità sudtirolese non sia comunque pronta a confrontarsi con una parte fondamentale del suo passato?

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Simonetta Lucchi 18.06.2023, 15:22

A me, per interesse professionale,ha colpito particolarmente la frase : «abbiamo messo uno specchio sul palco rivolto verso il pubblico; ho cercato di dare un contributo per la costruzione di un’identità della comunità, cresciuta senza un dialetto, senza una forma parlata d’incontro." Il tema dialetto, di cui si parla anche in altri articoli.

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