Da parecchio tempo è possibile evidenziare, facendo attenzione all'utilizzo delle parole, una tendenza a sottovalutare il fenomeno di ritorno in auge di movimenti fascisti e xenofobi. Se sulla Lega il discorso è complesso e viene da lontano, CasaPound è invece un soggetto più giovane, ma anche più schierato e pericoloso. Inoltre proprio CasaPound sta influenzando ancora di più la Lega, a livello nazionale, per radicalizzarne i contenuti: è nata così Sovranità, alleanza tra i due soggetti in vista delle regionali 2015.
Uno dei campanelli d'allarme di questo sdoganamento è certamente la narrazione proposta dai media, che è possibile analizzare a livello locale. Non voglio entrare nel merito delle possibili cause: che sia una motivazione editoriale, economica o di continuità tra il padrone e il suo braccio, non importa ai fini della semplice ricerca che ho realizzato.
Oggetto della ricerca è il giornale Alto Adige: l'ho preso come esempio in quanto giornale più letto e conosciuto nell’ambiente italiano, con un editore nazionale tra i più importanti e giornalisti professionisti. Sono caratteristiche presenti anche nel Corriere dell’Alto Adige, che però non ha un archivio online altrettanto accessibile e simile alla versione cartacea. L’accessibilità alla cronologia degli articoli permette infatti di evidenziare un fenomeno. Le emittenti radio e televisive sarebbero, per lo stesso motivo, di difficile analisi. Ignoro invece completamente un blog online, che si spaccia per testata giornalistica pur non essendolo, in quanto le sue posizioni sono riconosciute come coincidenti a quelle di CasaPound. Questa piattaforma è stata invece esclusa per le sue peculiarità: vi sono contributi multilinguistici, che quindi necessitano di doppia analisi, e i contributi dei lettori (come questo e il precedente, "..e ho incontrato l'invasor"), che ingrandiscono l’informazione diffusa ma non si riferiscono solamente alla cronaca.
L’intento di questa analisi è semplice: CasaPound si definisce un movimento di “fascisti del terzo millennio”, i suoi leader non si vergognano di definirsi fascisti e i loro metodi lo confermano. Ma puntualmente sull’Alto Adige, che si tratti di un articolo sulle opinioni del Consigliere Comunale di CasaPound Bonazza o di una velina (=comunicato stampa copiato e incollato) sulle attività dell’associazione, scrive che si tratta di “militanti di estrema destra”. Certo, non è un complimento neppure questo (a mio modo di vedere), ma dialetticamente trasforma il significato della frase. Perché se il fascismo sappiamo cos’è stato nella nostra terra, in Italia e nel resto d’Europa, la definizione “estrema destra” non è altrettanto univoca: pur identificando la stessa area politica, neofascista o neonazista a seconda del luogo geografico e politico, non chiarisce immediatamente di cosa si stia parlando e non identifica chiaramente i soggetti per quello che sono.
Inoltre la posizione nel continuum della destra è arbitraria: cosa vuol dire “estrema”? Che utilizza metodi estremi? Che ha posizioni considerate estremiste? Che è residuale rispetto al resto della destra?
Non sono chiari i valori di base, rimangono nella nebulosa parola “destra”: liberale o sociale? Liberista o nazionalista?
La parola fascista ha invece un significato univoco, chiaro e lampante anche per chi è meno attento al vocabolario politico. Basta una minima base storica per sapere più o meno dove e quando collocarlo, che valori e metodi abbia avuto, cosa abbia fatto e come sia stato sconfitto. Certo, magari le informazioni non sono esatte perché l’ignoranza e la difficoltà ad affrontare il passato oscuro rimangono, ma tutti sanno a cosa ci si riferisce con “fascista”.
Ed è una parola che utilizzano i militanti stessi di CasaPound in un’intervista all’Alto Adige per definire sé stessi: si rifanno ad un tempo e un’ideologia precisa, senza rinnegare di essere nostalgici al punto di voler tornare agli anni del medioevo novecentesco. Bonazza, da neo-consigliere comunale, in un'intervista radiofonica ha ulteriormente fugato qualsiasi dubbio.
Di questo, però, sembra che l’Alto Adige non si curi, continuando a preferire la definizione “estrema destra”.
Quand’è che le parole CasaPound e fascismo vanno a braccetto?
Sostanzialmente in due momenti: quando la parola fascismo è utilizzata da antifascisti, per denunciare l’operato di CasaPound o del leader Bonazza (oltre al “caso Foti”), e quando la utilizzano i candidati stessi, come nell’intervista riportata sopra o in questa intervista al candidato Sindaco Ivan Benussi, sostenuto anche da CasaPound.
In tutte le occasioni il giornale si riferisce però a CP come “estrema destra” o “destra radicale”: la parola fascismo viene pronunciata da altri e semplicemente riportata. Addirittura cercando solo la parola fascismo CP non compare nei primi risultati e Bonazza è tra gli ultimi suggerimenti per perfezionare la ricerca.
Perché se CasaPound utilizza candidamente la parola “fascista” per descrivere il proprio movimento e il portavoce si definisce tale, l’Alto Adige continua ad utilizzare un'altra dicitura?
Questa distorsione nell’identificare un soggetto è dannosa perché da una parte lo legittima, non vi è nessuna disposizione legislativa o costituzionale contro l’estrema destra mentre ve ne sono contro movimenti e partiti che si rifanno al ventennio, e dall’altra lo normalizza, inserendolo nel normale contesto politico e sociale cittadino, promuovendone anche le attività e gli scopi.
Come in questo articolo, secondo cui CP avrebbe tesserato 150 persone nella giornata blindata della manifestazione, che è ricavato direttamente da… il comunicato di CP! Il contenuto è lo stesso e l’orario non lascia spazio al dubbio.
Calamandrei in Costituente, parlando di quella che sarà la XII disposizione transitoria della Costituzione, disse che evidentemente dovevano essere i caratteri e valori di un partito a connotarlo come fascista e quindi anticostituzionale, perché nessuno avrebbe pubblicamente detto “sono fascista” con il timore di venire perseguito.
Oggi invece partiti e candidati utilizzano tranquillamente quella parola, senza paura né della giustizia né della disapprovazione sociale, ma i giornali non si fidano a chiamare le cose con il loro nome, preferendo un atteggiamento più conciliante e concedendo spazio alle loro attività. A volte sembra addirittura che facciano pura pubblicità ai “bravi ragazzi”, utilizzando eufemismi o minimizzazioni per quelli che sono atteggiamenti da condannare.
Questa connivenza, voluta o meno, frutto di una linea editoriale o di semplice disattenzione, è molto pericolosa e preoccupa tutto il mondo antifascista altoatesino. A maggior ragione perché nel tempo è cresciuto il sospetto che non si stia trattando di errore, ma di volontà.
Questo, unito ad altri episodi (come la pubblicazione di nomi e foto degli aggrediti a Marzo) e alla disparità di trattamento subita in altre occasioni (degli aggressori di Marzo non se ne sa nulla, dei denunciati per Piazza Matteotti mancavano solo i recapiti, mentre l'aggressione da parte di Sovranità/CP diventavano semplici "tafferugli") ha portato una grande tensione nei rapporti con i media, soprattutto nel caso del blog di cui parlo sopra.
Sabato al corteo questa tensione è esplosa in una rabbia verso i giornalisti che forse si poteva evitare, anche perché generalizzata tra chi si è reso più e meno artefice dello sdoganamento di CasaPound, ma che è sintomatica della necessità di una riflessione interna al giornalismo locale.
Chiunque si professi “fascista” non può avere nessuno spazio nelle nostre città, come non è ammesso nessun tipo di razzismo o sessismo. Allo stesso modo non tolleriamo nessuno spazio nei media che non sia di denuncia e presa di posizione netta.
Cominciamo chiamando le cose con il proprio nome, un fascista è un fascista e in quanto tale bisogna arginarlo, non bisogna sottovalutarne la pericolosità. Non dovrebbero neppure essere in discussione le motivazioni di questa lotta.
Non abbiamo intenzione di lasciar considerare di nuovo il fascismo come un “fuoco di paglia”, un fenomeno “pericoloso ma che riporta i giovani in politica” o altre ridicole scuse. Il fascismo è un problema che riguarda tutta la società e ciascuno deve fare la sua parte per identificarlo, stigmatizzarlo e ricacciarlo nelle fogne.
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