Per descrivere la storia di questa ragazza ci vuole uno pseudonimo: Hina.
Possiamo però dire che parliamo di una ragazza che è nata in Marocco, ha 21 anni e vive a Bolzano dall'età di 4 anni, con i suoi genitori e due fratellini.
Se la vedi passare per strada la noti subito perché è bella, e perché ha deciso di mostrarla tutta, quella sua bellezza.
Chi la conosce parla di un passato pieno di piccole sbandate: amici sbagliati e qualche serata tirata troppo per le lunghe. Ma Hina ha un pregio, se lei ti guarda in faccia non le importa la tua nazionalità.
Sarebbe il perfetto esempio di integrazione culturale, ma c'è un problema. Quel problema è la persona che la ha messa al mondo, ovvero il padre.
Un padre di religione musulmana che lavora a Bolzano, ma ha deciso di educare la figlia a colpi di bastone. Una alla madre e una alla figlia.
Hina ha sempre avuto una fottuta paura del padre, e lo ha confidato a conoscenti e amici, e a Francesco Zorzi, presidente della Associazione Sicurezza e Legalità di Bolzano. E' grazie a lui che la storia è uscita, prima grazie all'emittente RTTR, poi sulla stampa locale e nazionale.
La vita di Hina recentemente si è complicata parecchio, da quando la famiglia è andata a Casablanca per le vacanze. Il padre ha sequestrato il passaporto alla figlia, che invece vorrebbe tornare a Bolzano.
Un uomo con il quale è difficile parlare, secondo la testimonianza di molti suoi connazionali: violento, molto credente e praticante.
Tutto il contrario di Hina, alla quale la religione non interessa più di tanto, al punto da postare la sua bellezza su Facebook e rifiutare il velo.
Ora Hina si trova tra Casablanca e Mohammedia, e racconta di essere stata picchiata a bastonate dal padre, pur di farle capire che lei da quel posto non se ne andrà mai più.
Dal Marocco è riuscita a spedire alcuni audio whatsApp a Francesco Zorzi, autorizzandolo a pubblicarli e divulgarli, nel disperato tentativo di essere aiutata, perché Hina è de facto cittadina marocchina e le istituzioni italiane possono poco.
Le sue parole spezzate dalla paura sono agghiaccianti:«ho cresciuto i miei fratelli, studiavo di notte e se non sapevo le tabelline lui mi picchiava...mio padre ha detto che devo sposare un uomo marocchino che manco conosco, qui devo fare il test di verginità, ma se arriva il giorno che mi porta dal dottore, mi ammazza, sicuro, lo conosco, ci mette niente a farlo, lo ha sempre fatto con me e mia mamma».
Quando racconta la sua vicenda, Hina fa venire i brividi: cresciuta a ceffoni, legata mani e piedi al letto, privava del bere e mangiare o una volta:«con un coltello riscaldato mio padre mi ha bruciato la pianta del piede», racconta singhiozzando. Una storia come molte altre, ma in questo caso l'aggravante è che Hina rifiuta di vivere la sua vita da brava musulmana. «Aggravante religiosa» è un termine usato recentemente proprio dall'ex Procuratore Guido Rispoli, riferito ai reati contro la persona.
I messaggi di Hina sono tanti e la descrivono, quella aggravante religiosa: «una volta tornavo a casa da scuola con un amico, mio papà mi è venuto a prendere, mi ha vista passeggiare con lui e mi ha picchiato davanti a tutti con un lucchetto, facendo scappare quel ragazzo», perché lei era già promessa, ovviamente.
Tantissime le testimonianze, sia della ragazza sia di chi la conosce bene da anni: difficile credere che sia tutto inventato, anche se una denuncia formale ancora non c'è, nonostante i numerosi interventi delle forze dell'ordine in quella casa.
Venerdì pomeriggio, prima di scomparire, in uno dei suoi ultimi messaggi vocali ha detto:«la situazione è gravissima, devo andarmene da qui, ma non so come fare, aiutatemi». Denunciare l'accaduto in Marocco sarebbe controproducente, perché in quello Stato la parola di un padre ha un peso enormemente maggiore rispetto a qualsiasi testimonianza di una ragazza, specialmente se lontana dalla fede, spiegano alcuni ragazzi marocchini a chi si è interessato il caso.
RTTR ha provato a contattare il Comitato pari opportunità e ha fatto un appello alla famiglia, per ora senza risposta. Anche alcuni esponenti della comunità marocchina sono stati interessati, ma il caso sembra non essere meritevole di attenzione. Tra le risposte:«non siamo una ambasciata» oppure «dal profilo Facebook non sembra stare male» ovvero «se manda messaggi male non deve stare» infine «è una vergogna quella ragazza per noi musulmani».
E Hina aspetta, come aspettava quella Hina Saleem, nata nel 1985 in Pachistan e morta a Sarzana, ammazzata a coltellate dal padre nell'agosto del 2006, perché non voleva convertirsi all'Islam.
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