In un editoriale apparso domenica scorsa sul "Fatto quotidiano", Marco Travaglio ha espresso "piena solidarietà" a Maria Novella Oppo per gli attacchi subiti da Beppe Grillo e per gli insulti che i simpatizzanti del Movimento Cinque Stelle hanno riversato sulla giornalista dell'Unità. Subito dopo, però, ha precisato: "non c'è nulla di scandaloso, o di illecito, o di fascista, o di squadrista nell'invito agl'internauti a segnalare gli articoli diffamatori che escono ogni giorno sulla stampa nazionale per una nuova rubrica Giornalista del giorno. Se nascesse una rassegna stampa ragionata, con smentite incorporate, di ciò che di falso riescono (e sono già riusciti) a vomitare i giornali e le tv di regime contro 150 e più parlamentari eletti dal popolo (con voti veri, non con premi di maggioranza porcellosi e incostituzionali) che non rubano, non mafiano, non scalano banche, non scassinano la Costituzione anzi la difendono, ne potrebbe venir fuori un'ottima tesi di laurea sullo stato dell'informazione in Italia".
A questo punto viene il dubbio, ma Travaglio ci fa o ci è? Per quel po' che lo conosco io, ci è.
Non è che fa finta di non capire che ci sia un'enorme differenza tra la segnalazione di un articolo diffamatorio e l'inaugurazione di una rubrica "ad personam" contro un singolo giornalista, non la capisce proprio. Probabilmente, perché è troppo preso dalla sua lunga guerra personale contro colleghi e politici. Un conflitto iniziato non da lui ma che è proseguito fino a fargli perdere lucidità.
Per comprenderlo basta leggere l'intero suo editoriale di ieri, in cui elenca le offese e le intimidazioni che ha ricevuto in passato. Siccome le ha patite (e le sta patendo), ritiene giustificabile che le subiscano anche altri. Più semplicemente, siccome nessuno ha difeso lui, nessuno può permettersi di difendere Maria Novella Oppo.
Non nego che tutto questo possa avere una certa logica all'asilo e persino o alle scuole elementari, ma in un contesto più maturo si potrebbe ricordare che nessuna intimidazione è ammessa e che il problema è l'intimidazione stessa, non chi la riceve o chi la fa.
Banalmente: non ci sono giustificazioni. Non è che se uno non ruba può permetterti di insultare e minacciare chiunque.
Per Travaglio, però, non è così e le reazioni all'attacco del blog di Grillo alla collega Oppo sono a suo avviso "smodate". Per il vicedirettore del Fatto: "si tratta di solidarietà pelose (da che pulpito...) di indignati speciali (da che pulpito 2...), tanto smemorati quanto spudorati (Da che pulpito... 3)".
La sua personale solidarietà piena di distinguo è forse meno pelosa di quella dei colleghi? Travaglio non è forse "l'indignato speciale" per eccellenza? Ha per caso dimenticato di essere stato un collega di Maria Novella Oppo all'Unità, quindi pagato con gli stessi soldi pubblici?
Ma la parte più dolorosa è quando scrive che: "chi non s'intruppa né di qua né di là e mantiene posizioni critiche nei confronti di chiunque lo meriti, o viene intruppato a destra e a sinistra a seconda delle circostanze; oppure prende botte da tutte le parti perché non si riesce a irreggimentarlo".
Lo scrive riferendosi per l'ennesima volta a sè stesso ed è quello che pesa di più. Perché molti ricordano la sua pretestuosa difesa di Antonio Di Pietro dopo l'ottimo lavoro giornalistico svolto da Report sul fondatore dell'Idv ed oggi, non solo per l'editoriale su Maria Novella Oppo, faticano a riconoscerlo come il libero e lucido giornalista che avevano conosciuto qualche anno fa.
Ora anche Travaglio ha le sue truppe e sono pure d'assalto.
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