Io faccio parte del popolo dei cittadini non italiani, che in Alto Adige rappresenta circa il 9 per cento della popolazione, piu o meno 46.000 residenti regolari, tra quali 15.343 a Bolzano. Una bella fetta di questi, per il 70 per cento maggiorenni, non possono votare alle prossime elezioni comunali. In pratica, il 14 per cento della popolazione bolzanina, non avendo la cittadinanza italiana, è soggetta ai diritti/doveri deliberati dai cittadini italiani, benché arricchisca la provincia pagando le tasse. In ballo è una fetta di circa 12.500 persone, che dovrebbe invogliare i partiti a non servirsene solo per ristrutturare il segretariato, ma anche per decidere il voto finale, le alleanze, le intese che determineranno l'attività del Consiglio comunale.
Come appunto le elezioni dell'8 maggio, dopo le quali ci renderemo conto (lo abbiamo visto nelle elezioni provinciali del 2013) come due consiglieri in più o in meno, in un'eventuale alleanza, possano cambiare radicalmente la scena politica. La proposta di legge di cui si era fatta portatrice la campagna “L' Italia sono anch'io” prevedeva una ratificazione integrale della CEDU (la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali di Strasburgo) da parte dell'Italia, ma a essere ratificato è stato solo il punto B che impegna gli Stati firmatari a creare a livello locale (comunale o provinciale) degli organi consultivi e di rappresentanza degli stranieri residenti. L'Italia si rifiuta di ratificare gli altri due articoli. Il più importante obbliga gli Stati ad introdurre il diritto di voto amministrativo per i migranti che vi risiedano legalmente da almeno cinque anni.
Considerare gli immigrati alla pari dei cittadini italiani, e dunque di serie A, non è un fatto culturale quanto piuttosto una questione di equità, anche e soprattutto per quanto riguarda il diritto di voto. La forza che scaturisce da questo diritto spaventa la politica italiana, inducendola a frenare sull'estensione del diritto di cittadinanza, che porterebbe alla concessione del diritto di voto. Sono in gioco milioni di voti che possono cambiare radicalmente la mappa politica italiana, modificando ed estendendo i diritti civili e sociali. Probabilmente manca la capacità da parte dello Stato e da parte dei partiti di indagare e individuare con precisione le tendenze politiche di questo magma, di questa materia prima elettorale che porta con sé un'energia politica determinante. Né la destra né la sinistra possono sapere come si sposterebbero i voti una volta che questi "soggetti" assopiti si attiverebbero trasformandosi in forze che definiscono la mappa politica. Del resto è la minoranza che deve avere i diritti giacché la maggioranza ha i numeri. Che si tratti di G2 ovvero di immigrati di seconda generazione,che siano semplicemente emigrati, extracomunitari o no, hanno il potere di cambiare il colori della politica italiana.
Purtroppo quelle poche volte in cui possiamo votare, la nostra scelta viene pregiudicata come “venduta”. Come se gli italiani fossero immuni alla corruzione. Mi chiedo: verrà mai quel momento “pregevolissimo”, in cui ci inviteranno ai balli del popolo da partecipanti e non da servitù?
Mi viene in mente un bellissimo film del 2010, del regista Karan Johar, “Il mio nome è Khan”, che ebbe molto successo per il modo in cui viene proposta l'idea del cittadino americano di origine indiana e musulmano praticante. Khan, affetto da sindrome di Asperger, immigrato in America, soffre i cambiamenti del dopo 11 settembre, ma non smette per questo di amare l'America. Inizia così un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti per raggiungere Washington e parlare con il presidente. E dirgli : “Il mio nome è Khan e non sono un terrorista!”
Ma per arrivare fino alla Casa Bianca vive avventure e disgrazie strazianti, percosse e ingiustizie. Man mano che supererà tutte le difficoltà, traendo insegnamenti da ogni persona e situazione che incontra, Khan si sentirà sempre più americano, anche se mangia pietanze pachistane e prega cinque volte al giorno. Aiuta i cristiani, indù, atei e varie comunità. Nella sua mente ingenua conosce già le diversità di base tra le persone. Impara dalla sua madre saggia, umile e povera, la filosofia della semplicità quando un giorno, ad appena 6 anni, le chiede com'è diviso il mondo. E lei risponde: "Il mondo, figlio mio, si divide in gente che fa male e gente che fa bene."
Nonostante tutto, anche se mi sforzo di appartenere al gruppo della gente che fa bene, per quanto appartenente al popolo dei non–cittadini italiani, non potrò votare alle elezioni comunali. Potrò solo assaporare i miei diritti sociali e civili, sperando di cambiare il mio status da un quasi vulgus in eguale, poiché, come diceva nel 1950 il sociologo Thomas Marshall nel suo “Diseguaglianza di classe”: " divenire eguali significa divenire cittadini!"
Aggiungi un commento
Effettua il login per aggiungere un commento!Commenti