Sabato 28 marzo a Bolzano si è svolta una conferenza su «Giustizia ed equità» nell'Islam, promossa dall'organizzazione Bozen Muslim Youth. Dell'associazione parla la giovane Sahar Kallouki, la quale introduce l'incontro: «Siamo nati e cresciuti a Bolzano, e in questa città vogliamo farci conoscere. Un buon mussulmano deve conoscere dei concetti dell'Islam e usarli. Iniziamo con le migliori parole, quindi, quelle del Corano».
È di questa conferenza che vorrei raccontare. Una conferenza durata circa quattro ore, con intermezzi di preghiera. Una conferenza insolita per un occidentale come me, in quanto gli uomini sedevano da una parte e le donne dall'altra, con una netta predominanza di queste, e che nel corso del pomeriggio ha costretto noi, pochi uomini (e io unico non islamico), a stringerci ulteriormente per mantenere una distanza di almeno due metri dalle donne.
I relatori vengono presentati come «tre grandi figure», ovvero Sheikh Abou Omar, imam bolzanino, Omar Jibril, membro del Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano e Yahia Hamam, rappresentante legale della comunità islamica dell'Alto Adige.
Il primo intervento è dell'Imam bolzanino, il quale afferma come la giustizia nell'Islam sia alla base del creato, ovvero uno dei valori più alti della giurisprudenza islamica. Infatti, spiega Omar: «la giustizia e il giusto è uno dei nomi di Allah, ma questo non significa che tutti devono essere uguali ma che tutti devono avere uguali opportunità. La giustizia significa essere equi». Un concetto di equità, si capisce subito, che dall'arabo, quindi dalla società islamica a quella occidentale, presenta difficoltà di traduzione. Omar spiega: «Allah ordina la giustizia anche con il proprio nemico. Inoltre, egli affermava che la legge del taglione poteva riguardare anche la sua stessa figlia prediletta».
Nel Corano l'equità è un concetto che si lega alla devozione, ma che non esclude chi non è credente. Per questo motivo, spiega l'Imam, se uno stato è ingiusto ma credente, Allah lo ignora, se non è credente ma giusto, lo considera.
Il secondo intervento è di Omar Jibril, già presidente dei giovani musulmani d'Italia e noto alle cronache per la sua posizione decisamente critica verso Israele. Jibril inizia il suo intervento con una lunga lista di atti compiuti dagli stati occidentali contro i diritti umani. Si va dallo sfruttamento e tratta degli schiavi, agli omicidi di Martin Luther King e Malcolm X, all'Apartheid sudafricano, fino al fatto che, spiega Omar, «in occidente c'è razzismo dappertutto, così come c'è stato il nazismo che ha sterminato gli ebrei, gli zingari e i disabili». Infine, conclude Omar, un capitolo a parte è da dedicare al sionismo che «ha dei principi pericolosi, perché teorizza l'elevazione di un popolo rivelato».
La seconda parte dell'intervento è tutta dedicata ai principi dell'Islam, contro le interpretazioni, spiega Omar, dei mistificanti dell'occidente che parlano di Shari'a senza comprenderne il senso. Invece, racconta Omar,«la Shari'a si basa sul Corano, sulla consuetudine, sul parere dei sapienti e sull'analogia. La Shari'a si prefigge di preservare la fede, l'anima, la salute, la famiglia, i beni materiali e l'onore mentre le necessità sono quelle di vietare l'usura e, come ha detto anche Hollande, bisognerebbe ritornare all'economia islamica che non contempla l'usura».
Il matrimonio è alla base della religione islamica, specifica Omar, perché come scritto nel Corano«rende la nostra vita migliore, in quanto Dio ha creato una sposa per rendere felice il matrimonio».
Esiste un tratto distintivo della religione islamica, che la differenzia dalle altre religioni monoteiste, ovvero il legame dell'Islam direttamente con Dio, oltre al fatto che per un credente musulmano ci sia la certezza di sapere che il rito della preghiera sia lo stesso praticato da Maometto, perché «nulla è cambiato da allora».
Inevitabile porre qualche domanda sul ruolo della donna e, in particolare sulla divisione di genere in sala, oltre al fatto che nel corso della conferenza numerose donne si sono ripetutamente coperte il volto con il velo per evitare di essere inquadrate dai loro stessi uomini intenti a videoriprendere gli interventi del pubblico.
Del ruolo della donna l'Occidente parla molto, spiega Omar, ma non sa che «la Mecca è stata fondata da una donna. Pure mio figlio che ha 3 anni lo sa, a lui piacciono le storie dei profeti. Il percorso che tutti i credenti fanno alla Mecca è il percorso che fece quella donna». Sulla lapidazione, poi, Omar è netto: «è nata per essere inapplicabile, ma serve per chiarire la gravità del gesto e le condizioni perché si applichi sono difficili da realizzarsi, infatti, nell'Islam non si sono verificati molti casi». Sulla poligamia, invece, spiega che «ci vuole il consenso della prima moglie».
In altre parole, spiega un auditore intervenuto dalla sala: «l'Islam educa gli istinti ed evita la promiscuità, per questo divide la donna dagli uomini, perché gli istinti rendono gli uomini deboli».
Chiaramente, si capisce che la discriminante di tutto il ragionamento, sia sul ruolo della donna nell'Islam sia sull'accento posto sul concetto di equità, piuttosto che di uguaglianza, sta nel fatto che la società musulmana tende a operare una divisione dei ruoli al suo interno e ad intestare ad ognuno di questi una determinata funzione. L'esempio portato è quello di una famiglia con due figli, il primo in età adolescenziale e il secondo frequentante l'Università. Al secondo devono essere date più risorse economiche perché, appunto, il suo ruolo di studente universitario richiede maggiori spese. In breve, in questo sta il concetto di equità nell'Islam.
Nel corso della conferenza, che tutti i relatori conducono coinvolgendo il pubblico, chiamandolo a recitare a memoria parti del Corano, e il quale ripete il nome di Allah ogni qualvolta questa parola viene pronunciata dal relatore, spesso dalle file di fondo si sente musica di provenienza musulmana, così come in due occasioni un ragazzo viene chiamato a recitare una deliziosa canzone di fronte al pubblico. La costante presenza dei bambini che si aggirano tra i partecipanti, urlando e piangendo, non sembra arrecare disturbo.
L'ultimo relatore a prendere la parola è Yahia Hamam, responsabile legale della comunità altoatesina, il quale indirizza principalmente alle donne il suo intervento.
Hamam parte da una premessa, ovvero che il musulmano debba«fare del bene, in qualsiasi parte del mondo si trovi». Poi, il dibattito si sposta sul ruolo della famiglia nell'Islam, e Hamam specifica che «l'Islam parla di equità, ma non di parità verso le donne, e per questo – spiega Hamam - io esorto le nostre sorelle ad insegnare la lingua araba ai nostri figli, così da permettere loro di leggere il Corano».
Inoltre, spiega Hamam (del quale riporto il testo integrale esatto della prima parte dell'intervento tenuto in un perfetto italiano):«dire che i maschi e le femmine sono uguali è sbagliato, come dire che il maschio e la femmina sono pari tra di loro è sbagliato. Il punto è l'equità, non l'uguaglianza. Se il maschio fa la femmina e la femmina fa il maschio il mondo rischia la rovina, come sta succedendo oggi in Occidente. La donna usata mezza nuda per vendere una macchina è usura umana. Così come essere buoni credenti e poi la sera andare in discoteca e bere una birretta, ecco, per noi musulmani questo non è ammissibile. In occidente gli uomini si sentono in colpa per avere oppresso la donna, quindi ora eccedono nella parte opposta, concedendo loro la libertà di questi comportamenti».
Detto questo, anche Hamam si concentra sull'Occidente, raccontando alcune «atrocità commesse» da questo, come ad esempio il fatto che gli ebrei maschi abbiano detto che la donna sia la causa principale del suo traviamento, o il fatto che Enrico VIII impose una legge che vietava loro di leggere il Nuovo testamento.
Infine, dice Hamam: «in Occidente la donna sta diventando la proprietà di tutti, ed è per quello che la donna musulmana si copre, perché non vuole essere uguale, non perché sia repressa. La società che non rispetta la donna e non le dà il suo valore è una società arretrata, perché una donna schiava partorisce uomini schiavi».
Prima di lasciare la conferenza, dopo oltre quattro ore, sento Hamam spiegare alle numerosissime donne intervenute in sala che «noi musulmani dobbiamo creare uomini che aiutino questo paese ad uscire dalla crisi». Uscendo dalla sala, vedo un nugolo di bambini giocare a calcio, figli di quelle mamme che ancora ascoltano Hamam. Allontanandomi li sento parlare di Buffon, del prof. che dà troppi compiti e del nuovo gioco della Nintendo.
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