L’onorevole Alessandra Moretti, prima deputata, poi eurodeputata del PD e ora candidata a governatore del Veneto, ha rilasciato al Corriere della Sera un’intervista che sta riscuotendo molto clamore e contrastanti commenti.
Essendo stata a mia volta sollecitata ad esprimere un'opinione in merito, mi sono trovata in una difficile posizione: da una parte ho “dovuto” difendere la deputata dai soliti epiteti, nelle più varie e colorite accezioni regionali, con cui da sempre si apostrofano le donne con le quali non siamo d’accordo; dall’altro ribadire con altrettanta forza che quello che la signora Moretti ha detto è alquanto sconveniente, per non dire offensivo, riguardo all'annosa questione di genere che la deputata ha voluto affrontare in chiave, diciamo così, “innovativa”.
Premetto che non ho problemi a dirmi femminista. Si possono anche aggiungere gli aggettivi del caso: becera, vetero e sporca. Va benissimo. Credo che la questione femminile sia ancora aperta e richieda riflessione, impegno, consapevolezza. D’altro canto, per scelta personale, il mio essere femminista non è mai andato troppo in contrasto con il mio apparire “femminile”, nel senso più classico possibile. Adoro i tacchi alti e i trucchi, ho un armadio forse fin troppo pieno cui fa seguito il “non so cosa mettere”, ammetto che i giorni prima delle mestruazioni concepisco e provo tutto il male cosmico, mi depilo, ho un paio di sex toys nel comodino. Vado dall’estetista con regolarità mensile, a volte sono un po’ vanitosa e a volte ho vertiginosi crolli di autostima, ho la mia biancheria intima curata e, se mi si blocca la macchina, entro nel panico. Soprattutto rivendico il diritto di vivere la mia vita privata, sociale e sessuale senza condizionamenti di sorta. Insomma, sono una donna qualsiasi.
Questo il preambolo. Eppure l’intervista della Moretti mi ha profondamente infastidito.
I motivi per cui l’elegante e bella e curata Moretti ha detto cose sconvenienti, a mio parere, sono principalmente tre:
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L’aver ancora una volta considerato la bellezza come un valore nell’attività politica. Proprio per quel diritto all’autodeterminazione di cui sopra, mi sono sempre opposta al classico schema per cui se una donna è bella, vuol dire che è anche stupida. La bellezza non inficia la competenza. E quindi se non vogliamo che la bellezza sia uno “svantaggio” per le nostre capacità intellettive, poi non possiamo però usarla come valore aggiunto, come un vantaggio. La bellezza può rendere più sicure di se stesse, può facilitare i rapporti interpersonali ma non ti rende più competente nella tua materia d’interesse, non ti rende più “adatta” al ruolo politico che devi ricoprire.
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Negli anni scorsi, contro le donne del governo berlusconiano, sono state intraprese crociate e guerre sante. Moltissime donne si sono scagliate contro l’uso “disinvolto” con cui alcune donne utilizzavano il proprio corpo. Personalmente le ho difese – mentre le ho attaccate sotto tutti gli altri piani possibili - quando si usavano modi beceri, sessisti e maschilisti perché ritengo che la "prostituzione" del corpo femminile non sia più grave della vendita della propria integrità morale, del proprio pensiero e delle proprie parole. L’onorevole Moretti invece sottolinea una differenza: la consigliera Minetti era bella ma inadatta al ruolo. Lei invece, la Moretti, è bella, curata, elegante e con gli occhi blu ma adatta. Ma allora, cara Alessandra, se nell’intervista, nel tuo bel vestitino, tutta depilata e curata, avessi parlato di qualcosa di più “tecnico” o magari più vicino al ruolo per cui sei pagata con i miei soldi (ma non con il mio voto), non avrei avuto nulla da obiettare. Invece ti sei “prestata” ad una sciocca e frivola intervista dove si è parlato di cerette, canzoni e pasta al pomodoro. Una simile intervista ad un collega uomo lo avrebbe reso ridicolo. A conti fatti, non mi dimostri di essere migliore della consigliera Minetti.
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L’idea del femminile in politica. Ed è questo il tasto che forse mi duole di più. Una delle libertà più grandi che il pensiero femminista mi ha dato è quella di capire che non esiste un modo solo di essere femmina e femminile. Ognuna ha il sacrosanto diritto di essere e manifestare il suo essere donna a modo suo. Ho i capelli lunghi e le unghie smaltate, spesso le autoreggenti e le gonne corte, ma MAI mi permetterei di pensare di apportare più femminilità di altre donne che magari hanno fatto altre scelte rispetto alle mie. I capelli bianchi della Bindi o eventuali capelli rasati non rendono meno femminile l’apporto all’attività politica. Non sarai certo tu a stabilire come una donna deve presentarsi, quale veste deve assumere il contributo femminile.
Ho sempre preteso di rivendicare me stessa in piena autonomia e non ho mai voluto che uno Stato, una Chiesa o un uomo mi dicessero come manifestare il mio sentirmi femmina.
Ora non vorrei che lo facesse una donna.
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