Ho letto con costernazione e sincera preoccupazione l'articolo "Lo sanno anche loro che LibreOffice non va", in quanto le offese - nemmeno velate - alla comunità del software libero che esso contiene, dimostrano, se mai ce ne fosse stato bisogno, su quali basi poggia la decisione di usare Microsoft Office 365 nella Provincia di Bolzano. Mi aspetto una smentita ufficiale, accompagnata da un messaggio di scuse che riporti la discussione nell'ambito della civile convivenza.
Prima di tutto, chiedo di motivare la decisione di affidare uno studio sull'adozione di un software di produttività a un partner di Microsoft, che propone una delle soluzioni in questione, e totalmente estranea al mondo del software open source, nonostante le dichiarazioni - prive di qualsiasi evidenza - del signor Christoph Moar.
A tale proposito, chiedo al signor Christoph Moar di produrre le evidenze necessarie a giustificare le sue affermazioni, relative all'attività nel mondo del software open source, ovvero il codice sorgente delle applicazioni sviluppate dalla ditta Alpin, insieme alle licenze open source riconosciute da Open Source Initiative (OSI) con cui le applicazioni stesse vengono rilasciate.
Ovviamente, uno studio di parte non poteva che omettere le informazioni sull'utilizzo nella pubblica amministrazione di LibreOffice, e quelle su tutti i problemi di qualità, sicurezza e interoperabilità che caratterizzano Microsoft Office.
Siccome ritengo che sia interesse della comunità venire a conoscenza di tali informazioni, cercherò di esporle usando un linguaggio comprensibile a tutti, rimanendo a disposizione per qualsiasi approfondimento.
Anche perché le informazioni consentiranno a tutti i cittadini di fare le loro valutazioni in sede elettorale sull'opportunità - o meno - di rieleggere coloro che hanno preso la decisione di passare a Microsoft Office 365, con un aggravio ingiustificato dei costi e una serie di interrogativi aperti sulle motivazioni tecniche.
Cominciamo da LibreOffice, che viene utilizzato da anni dalla pubblica amministrazione francese su circa 500.000 personal computer, senza che questo pregiudichi il funzionamento dei 15 ministeri che lo hanno adottato in sostituzione di Microsoft Office. E se questo non basta, aggiungiamo il Ministero della Difesa in Olanda con 45.000 PC, il sistema degli ospedali di Copenhagen in Danimarca con 25.000 PC, la città di Monaco di Baviera in Germania con 15.000 PC passati addirittura a GNU/Linux e non solo a LibreOffice. Tutti stupidi, o tutti fenomeni?
Senza citare il Ministero della Difesa in Italia, che sta migrando da Microsoft Office a LibreOffice, e sta già usando LibreOffice su un numero di PC superiore a quello presente nell'intera Pubblica Amministrazione della Provincia di Bolzano. E senza citare le PA italiane che sono migrate a LibreOffice dal 2011 a oggi: in ordine alfabetico, senza fare nessun tipo di ricerca, le province di Cremona, Macerata, Milano, Perugia e Trento, e i comuni di Piacenza, Reggio Emilia, Scandiano e Todi.
Per completare la lista, ci sono anche delle Aziende Sanitarie, ma eviterei di infierire, visto che dal software open source a Microsoft Office 365 è passato solo il Comune di Pesaro con 600 postazioni.
LibreOffice funziona, e funziona molto bene. Quando non funziona, il problema non sta nel software ma nel metodo con cui è stata affrontata la migrazione. I gruppi Leitner e Rubner, che - stando all'articolo - sono passati da OpenOffice a Microsoft Office 365, avrebbero fatto bene a provare LibreOffice, seguendo la metodologia di migrazione suggerita da The Document Foundation.
Che LibreOffice funziona non lo dicono solamente quelli che lo utilizzano, ma anche i dati di studi indipendenti che attestano la qualità del software [1] e il ridotto numero di vulnerabilità [2].
Per chi non ha dimestichezza con la tecnologia, le vulnerabilità sono quei problemi di un software - o dei file dello stesso software - che permettono ai malintenzionati di sferrare un attacco per impadronirsi dei dati oppure per trasmettere un virus o un altro tipo di malware, costringendo il PC vittima dell'attacco a un fermo o a un malfunzionamento.
Naturalmente, il numero delle vulnerabilità è legato a quel Total Cost of Ownership che gli esponenti di Microsoft citano molto spesso, omettendo però di metterlo in relazione con la qualità e la sicurezza del software, che rappresentano un costo importante. Intendiamoci, la sicurezza non è un vantaggio competitivo, per cui non ci sentirete mai parlare della sicurezza di LibreOffice rispetto a quella degli altri software, a meno che ci siano confronti di parte che ignorano il problema [3].
Ma il problema più grosso di Microsoft Office è un altro, ed è rappresentato dal formato non standard dei documenti che si traduce in un aggravamento dei costi di interoperabilità e di sicurezza, in quanto si tratta - secondo una ricerca Symantec del 2011 - del formato più usato per la trasmissione di malware [4].
Lo studio ignora il problema dei formati di Office 365 (che sono gli stessi di Microsoft Office, ovvero - in questo specifico momento, dato che il formato è leggermente diverso per ciascuna versione del software - OOXML Transitional 2016), e cita ODF in modo velatamente negativo nell'area relativa alla migrazione di Monaco di Baviera, dove parla del livello di adozione dello stesso ODF in Germania, quando il livello di adozione non ha nulla a che vedere con i vantaggi di un formato e gli svantaggi di un altro, anche se più diffuso.
E infatti, il problema dei formati di Microsoft Office è talmente grave che quattro governi in Europa (in ordine cronologico: Olanda, Regno Unito, Svezia e Francia) e uno in Asia (Taiwan) non ne consentono l'utilizzo per la Pubblica Amministrazione, e adottano in loro vece proprio il formato standard e aperto ODF, per le sue caratteristiche superiori.
Una volta chiariti i punti relativi a qualità, sicurezza e interoperabilità del software, rimane aperto il problema della confidenzialità dei dati gestiti in modalità cloud, che rappresenta un grosso interrogativo quando i dati sono quelli dei cittadini, e rientrano nella sfera personale di ciascun individuo.
Peraltro, sembra che il cloud - nella realtà - sia solo il paravento per una decisione che riguarda un'applicazione identica a LibreOffice, visto che la delibera stessa afferma che l'infrastruttura di rete della Provincia di Bolzano non è pronta per il cloud. E allora, quali sono i veri motivi di una scelta che sulla base del buon senso sembra solo costosa e inopportuna?
E perché affidare a un potenziale fornitore un'analisi comparativa che dovrebbe essere imparziale?
Italo Vignoli
Fondatore del Progetto LibreOffice
Presidente Onorario di Associazione LibreItalia
Director di Open Source Initiative (OSI)
[1] Il servizio Coverity Scan rileva per LibreOffice un numero di problemi inferiore alla media di tutti i software, open source o proprietari, intorno a 1 per milione di linee di codice sorgente, contro una media di 1 ogni 1.000 linee per il software open source e 1 ogni 1.200 linee per il software proprietario. Quindi, la qualità del codice sorgente di LibreOffice è superiore di almeno un ordine di grandezza rispetto alla media, e sarebbe opportuno conoscere il numero dei problemi di Microsoft Office (che non è disponibile, perché nessun software proprietario rilascia i suoi dati analitici).
[2] Secondo il National Vulnerability Database, gestito dal National Institute of Standards and Technologies (NIST) del Governo degli Stati Uniti, negli ultimi tre anni Microsoft Office è stato affetto da 144 vulnerabilità (15 negli ultimi tre mesi), mentre LibreOffice è stato affetto da 10 vulnerabilità (2 negli ultimi tre mesi).
[3] La letteratura sui costi della sicurezza è molto ampia. Cito solo un articolo del Sole 24 Ore e uno di Wired, oltre allo studio annuale di Symantec.
[4] Una percentuale superiore al 75% delle vulnerabilità di Microsoft Office è legata proprio a problemi dei file DOC, XLS, PPT, DOCX, XLSX e PPTX (questa affermazione trova conferma in un'analisi più attenta del database del NIST).
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